Recensioni

Pubblicato il 5 Gennaio 2019 | da Valerio Caprara

2

Suspiria

Suspiria Valerio Caprara
soggetto sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Berlino Ovest, 1977. La prestigiosa accademia di modern dance diretta con piglio autoritario dall'inquietante Madame Blanc nasconde spaventosi segreti. L'aspirante ballerina Susie inizia a nutrire sospetti sulla direttrice e la sua compagnia, ma sarà uno psicanalista ebreo che ha perso la moglie nei lager nazisti a fare emergere l'orrenda verità.

1.5


Quanta abilità sprecata, dell’evento annunciato “Suspiria” dimostra di possedere soltanto la smisurata pretensione. Guadagnino, in effetti, ha congegnato tutt’altro che un remake, bensì una sorta di ibrido che si appoggia sulla colonna vertebrale del film-culto di Argento facendo, però, in modo che venga ribaltato il procedimento instaurato dalla giovane critica post sessantotto: succede, cioè, che l’autore di “Chiamami col tuo nome” si avventuri nel sistematico smontaggio del classico dell’horror all’italiana non per rispettarne e/o valorizzarne le peculiarità di genere, bensì per infliggergli il pedante accumulo delle proprie “squisite” terapie artistiche. Un vero e proprio anti-“Suspiria”, insomma, in cui il cineasta chiaramente disinteressato alla materia dirige una prolungata serie di “tableaux macabres” scossi all’inizio da qualche zoom allarmante, ma poi, mano a mano, ammortizzati da una serie di compiaciute acrobazie di ripresa e d’inquadrature superfluamente sminuzzate. Colpisce, tra l’altro, come i sei atti più un epilogo che ne determinano le due ore e mezza di durata non rispondano a un’autentica logica narrativa e contribuiscano di conseguenza a confondere lo spettatore, peraltro già stordito da troppe sottotrame e soprattutto dagli intrecci con la Storia che segnano altri punti a sfavore dell’operazione.

Il demoniaco microcosmo femminile – l’unica cellula argentiana sopravvissuta insieme all’inserimento nel cast dell’antica protagonista Jessica Harper – in cui si svolgono gli abomini è l’accademia di danza moderna della Berlino Ovest anni Settanta dove, però, la malefica insorgenza delle streghe guidate dalla trasformistica Swinton finisce per passare in secondo piano rispetto al pot-pourri senza capo né coda di riferimenti alla banda Baader Meinhof, ai dirottamenti terroristici, ai reclusi presunti suicidi nel carcere di Stammheim e all’usuratissima tematica dell’Olocausto, mentre, per fare solo esempio, l’eclatante presenza del Muro e della tetra DDR risultano ridotti a meri orpelli fotografico-scenografici. Assodato che il copione di David Kajganich ha voluto svincolarsi dalla sceneggiatura originale di Argento-Nicolodi ispirata alla Mine-Hahadi Wedekind, si capisce come Guadagnino abbia chiesto al team tecnico d’insistere sulle atmosfere alla Fassbinder o magari alla Zulawski di “Possession” per conferire un minimo di credibilità allo pretestuosa figura dello psicoanalista ebreo che ha in cura l’allieva della scuola destinata misteriosamente a scomparire. A proposito di questi passaggi è possibile, certo, sottolineare l’accuratezza dei dettagli espressionisti specie all’interno dell’edificio art déco che funge da enclave della leggenda nera, così come gli ipnotici flussi della musica di Thom Yorke che culminano nella sequenza del sabba coreografato alla maniera di Pina Bausch. Il dato, però, su cui è impossibile sorvolare è che il film a furia dei continui presunti colpi di genio autoriali fallisce il compito primario di somministrare alla platea anziché una manciata di vaghe sensazioni repulsive, almeno una dose di sacrosanta fifa.

SUSPIRIA

HORROR – ITALIA/USA 2018

Regia di Luca Guadagnino. Con: Tilda Swinton, Dakota Johnson, Angela Winkler, Chloe Grace Moretz

 

 

 

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