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Pubblicato il 14 Giugno 2018 | da Giuseppe Cozzolino

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EL COCHECITO

Terzo film spagnolo di Marco Ferreri, una satira sottile della società legata al tema dell’esclusione e inclusione sociale
(A cura di Andrea Coco)

 Madrid, fine Anni Cinquanta. L’anziano Don Anselmo Proharán (José Isbert) vive a casa del figlio avvocato, a stento sopportato da parenti e affini. Dopotutto, essendo ottuagenario, è un tipico rappresentante della terza età: attacca bottone con chicchessia, vuole essere utile al prossimo e non sopporta che la sua esistenza venga destabilizzata dalle interferenze di chi gli sta attorno, vicini e polli compresi. Il problema è che lui non ha più un ruolo sociale: in famiglia è di peso, perché anziano, nella cerchia degli amici è d’impaccio perché fisicamente sano. Il suo amico paralitico Don Luca, si è invece comprato una carrozzella (cochecito) che gli permette di muoversi in piena autonomia per le strade della capitale e di stringere nuove amicizie con altri disabili come lui. Don Anselmo capisce che a piedi è destinato a restare solo e così decide di comprare anche lui un cochecito, peccato che il figlio, Don Carlos (Pedro Porcel), non ne voglia proprio sapere, temendo che in questo modo lui diventi per davvero invalido.

Terzo film spagnolo di Marco Ferreri,”El cochecito” è una fine satira a bianco e nero della società contemporanea, un’opera delicata che ruota attorno al tema dell’esclusione e inclusione sociale. Don Anselmo è, infatti, una personaggio doppiamente escluso, come anziano dal mondo del lavoro e dalla famiglia, come sano dagli amici invalidi, perché privo di un mezzo che lo renda uguale a loro, la tanto agognata carrozzella.

Un mezzo che gli consente persino di frequentare persone socialmente più elevate, come Don Vicenzo, disabile fisico e mentale, figlio di una marchesa, anche lui in attesa di un veicolo analogo, prendendo parte a un pasto pantagruelico e raffinatissimo, che anticipa quello del film “La grande abbuffata”.  Un pranzo al quale Don Vincenzo, per ragioni salute, non può prendere parte e assiste soffrendo ai due convitati, il suo accompagnatore, e Don Anselmo, che mangiano fino a scoppiare.

Il cochecito diviene così il simbolo di una società che assegna ruoli e spazi ben definiti. Una società che vuole includere ma a determinate condizioni, quella di far parte di una categoria precisa e la colpa di Don Anselmo è proprio quella di non appartenere a nessuna: ne giovane, né lavoratore, né invalido, semplicemente anziano. E come tale drammaticamente solo. E così, lui, sano nel corpo e nella mente, per trovare un posto dove stare è costretto fingere una qualche infermità, e nella sua impresa trova sulla strada un sedicente missionario, Don Ilario, che quelle famigerate carrozzelle le vende, pronto ad assecondare la sua richiesta.

“Nell’anno Duemila nessuno farà più uso delle gambe, salvo i calciatori naturalmente. Ma tutti gli altri andranno in automobile, tutti quanti”, affermerà Don Ilario, a sua volta simbolo di un capitalismo ‘buonista’, che in realtà non esita a creare bisogni persino alle fasce sociali più deboli. A creare eventi ad hoc per includere i diversi, a convincerli che una gara sportiva tra cochecitos sia un modo per dare visibilità ai disabili (ricordiamo che siamo nella Spagna franchista del 1960) a rimetterli ‘in pista’.

EL COCHECITO – La vetturetta

Regia: Marco Ferreri

Con Josè Isbert, Pedro Porcel, Josè Luis Lòpez Vàzquez, Maria Luisa Ponte, Antonio Riquelme.

Commedia, 80 minuti, Spagna 1960

Produzione: General Video

Distribuzione DVD: CG Entertainment

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