Recensioni

Pubblicato il 15 Gennaio 2021 | da Valerio Caprara

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SOUL

SOUL Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
effetti speciali
emozioni

Sommario: Aspirante musicista incappa in un incidente mortale proprio nel giorno in cui il suo sogno si è avverato. La sua anima, però, In lista d'attesa per entrare definitivamente nell'aldilà conoscerà strani personaggi e imprevedibili vie d'uscita.

2.8


Talvolta è successo che una rivista di cinema pubblicasse una accanto all’altra due recensioni antitetiche di un film di rilievo. Essendo ovviamente impensabile farlo sulle pagine di un quotidiano e una volta preso atto delle opinioni contrastanti generate da “Soul” nel sottoscritto, la soluzione più pratica suggerisce la salomonica scissione dello stesso articolo. Esercizio di trasparenza che non può, peraltro, prescindere dalle premesse: il ventitreesimo lungometraggio d’animazione della Pixar, programmato per uscire nelle sale in autunno ma a causa della pandemia tenuto a lungo in stand by e solo adesso reso disponibile sulla piattaforma streaming Disney+, sta già raccogliendo lodi e audience da capogiro e facendo onore agli oltre 150 milioni di dollari investiti sotto l’egida del regista Pete Docter già artefice del trionfo con tanto di Oscar toccato al precedente “Inside Out”.

PRO – L’impianto narrativo è molto ambizioso-è per questo che il suo corso inizialmente tradizionale vira spesso in direzioni ardite e inaspettate- nonché supportato da due protagonisti alquanto insoliti ed efficaci: il giovane e frustrato musicista newyorkese Joe che proprio quando ha ottenuto l’assunzione nella band all black della mitica Dorothea Williams, il quartetto jazz dei suoi sogni, incorre in un incidente (quasi) mortale e finisce sotto forma di anima nell’Ante Mondo e la ribelle, bisbetica animuccia “22” che si ostina cocciutamente a volere restare in questa sorta di limbo dove i nostri consimili defunti danno il cambio a quelli in attesa d’incarnarsi. Non ci sono più limiti alla fantasia di Docter e i suoi collaboratori che lavorano ogni disegno, ogni inquadratura, ogni sequenza con una cura maniacale, giovandosi di suggestioni cinefile, pittoriche, storiche, culturali e di costume desunte da una lista infinita di riferimenti dal più semplice al più sofisticato; la colonna sonora, in particolare, assume un ruolo fondamentale sia grazie al jazz di Batiste omogeneo alla ricostruzione scenografica della metropoli, sia alle musiche New Age composte con magistrale pertinenza da Reznor e Ross. Nell’impennarsi ininterrotto di situazioni poetiche e/o paradossali, insomma, il vecchio marchio Disney connota sempre di più un’epoca in cui il reale e il surreale pesano allo stesso modo senza destare sorpresa.

CONTRO – Per la verità tutta la parte dei mentori, silhouettes fatte di luce che gestiscono l’andirivieni dei nostri miseri corpi umani comunica depressione e contorcimenti dei dialoghi talvolta farraginosi e noiosi. I bambini, poi, come ormai succede troppo spesso, ben presto ne saranno disorientati perché se è vero che sarebbe anacronistico condannarli alle solite smielate favolette di quelli che si chiamavano “cartoni animati”, è anche vero che è inutile fargli sorbire una lunga sequela di lezioncine in cui il macabro fa spesso capolino dietro la squillante parata di effetti stroboscopici digitali. Succede, così, che non solo i piccoli spettatori ex privilegiati, ma anche gli adulti si ritrovino rimpinzati di emozioni indirizzate a farli riflettere a viva forza audiovisiva sul fatidico senso della vita tramandato da formule un po’ banali e usurate (“chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?”). L’altro problema del kolossal è il processo di depurazione programmato sino nei minimi particolari dagli smaliziati executive della Pixar, che hanno tenuto a dichiarare al momento delle prime promozioni di “essere ben consapevoli della storia delle immagini razziste nell’animazione” e di avere pertanto deciso nei loro uffici assai poco barricadieri di “creare personaggi che fossero riconoscibilmente neri, evitando i vecchi stereotipi”. Niente da dire, ovviamente, sui buoni propositi ma non è che, per fare solo un esempio, all’artisticità del film abbia giovato il parimenti divulgato dettaglio sull’”attenzione del direttore della fotografia al modo in cui la luce gioca sui vari toni della pelle nera”. Torniamo infine alla lista degli elogi, che ci hanno informato come “Soul” sia in effetti un film sull’evoluzione delle tecnologie, la ricerca della propria identità nonché un trattato metaforico sulla Silicon Valley, Yellow Submarine, Picasso, la linea di Cavandoli, le funzioni psicologiche di Jung, lo sviluppo empatico di Martin Hoffman ecc. Ma non sarà troppo? Magari abbiamo fatto bene a riportare tali dotte esegesi nella parte “contro” della nostra recensione sofferente.

SOUL

ANIMAZIONE – USA 2020  

Regia di Pete Docter, Kemp Powers

Prodotto da Walt Disney Pictures, Pixar Animation Studios

 

 

 

 

 

 

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