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Pubblicato il 11 Maggio 2016 | da Giuseppe Cozzolino

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OLD REVIEWS: Sentieri Selvaggi (2)

Un secondo contributo sul capolavoro di John Ford, ad opera della bravissima Costanza Ognibeni.

Info sui Corsi Old Movies: mondocult@gmail.com/oldmovies@valeriocapra.it

 

SENTIERI SELVAGGI

 Titoli di testa, tracciati con un carattere ben riconoscibile, di quelli che ormai non se ne vedono più, si susseguono su un grigio muro di mattoni, come fossero stati lì trascritti, accompagnati da un imponente brano di Max Steiner. Terminata, la lunga carrellata di nomi lascia spazio a una data (Texas, 1868), la quale, dissolvendosi, ci lascia per qualche istante davanti a uno schermo nero su cui si aprirà una porta che si affaccia su uno sterminato paesaggio desertico: senza nemmeno accorgercene, eravamo finiti nella casa degli Edwards e l’imponente brano di Steiner ha già lasciato posto a una melodia decisamente più lenta ed evocativa. Lo zio Ethan (John Wayne) è finalmente tornato a casa dopo una lunga guerra che lo ha impegnato per tanti anni. Si respira un confortevole clima di riunione familiare, la casa è accogliente, il pasto è caldo, ma tutto ciò è presto interrotto dall’arrivo dei Comanche, la tribù indiana che in una sola notte sterminerà la famiglia di Ethan e rapirà Debbie, la nipote più piccola. Ethan non si darà pace finché non la ritroverà, accompagnato nella sua lunga ricerca dal nipote Martin (Jeffrey Hunter).

Ambientato all’indomani della Guerra di Secessione, Sentieri Selvaggi riporta tutte le caratteristiche del western doc, con l’aggiunta di qualche “ingrediente segreto” che ne ha fatto un vero e proprio cult: una fotografia, in primis, che farebbe invidia al più grande direttore dei tempi d’oggi, poiché, senza alcun supporto digitale, il regista John Ford riesce a mostrarci inquadrature da togliere il fiato sulle sterminate lande desertiche, mai fine a se stesse, ma sempre funzionali alla storia, poiché è su quei paesaggi che si stagliano i personaggi con le loro vicende, la cui entrata stessa sulla scena, da un lato piuttosto che dall’altro, non è mai dettata dal caso. Una fotografia ben condita anche da un sapiente uso del colore, che fa sì che scene angoscianti o di particolare suspance siano attraversate da impercettibili sfumature rosse o blu. A ciò va senz’altro aggiunto lo studio dei personaggi: Sentieri Selvaggi è una pellicola in questo senso “calda”, poiché ogni protagonista ha un vissuto, una personalità ben definita, che fugherà il rischio di sparire sotto l’ombra del carismatico John Wayne.

Ogni personaggio è curato sin nei dettagli più insignificanti, perfino i “nemici”, che con le loro penne colorate e il fascino dello sconosciuto, non riescono a farsi odiare nemmeno per un istante.

Tratta dall’omonimo romanzo di Alan Le May, Sentieri Selvaggi racconta non soltanto una storia, ma “La Storia”, quella della costruzione della società civile d’America e della lotta contro la natura selvaggia. Ma, attraverso l’azione dei personaggi, lascia spazio anche alla possibilità di una storia diversa da quella narrata, con il recupero della dimensione umana del protagonista e l’abbandono del cinismo causato dalle ferite di una guerra perduta.

Costanza Ognibeni

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