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Pubblicato il 2 Luglio 2019 | da Valerio Caprara

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Nureyev – The White Crow

Nureyev – The White Crow Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Un concentrato della vita di Nureyev a partire dai giorni del giugno 1961 vissuti dal ballerino tartaro allora ventitreenne in tournée a Parigi con la compagnia Kirov di Leningrado subito prima della fuga dal regime sovietico all’aeroporto Le Bourget con relativa richiesta d’asilo politico all’Occidente.

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Il personaggio è stato e resta talmente complesso e fascinoso da potere avvincere qualsiasi tipo di pubblico. Dunque, nonostante i numerosi flop dei film che tramandano a colpi di luoghi comuni vita & opere delle celebrities, la sfida effettuata dall’attore britannico russofono e russofilo Fiennes per la sua terza prova da regista garantisce un prodotto appetibile a prescindere dall’effettiva consistenza: “Nureyev – The White Crow” riesce, in effetti, a destreggiarsi con discreta abilità tra gli inevitabili stereotipi concentrandosi soprattutto sugli inebrianti giorni del giugno 1961 vissuti dal ballerino tartaro allora ventitreenne in tournée a Parigi con la compagnia Kirov di Leningrado subito prima della clamorosa fuga dal regime sovietico all’aeroporto Le Bourget con relativa richiesta d’asilo politico all’Occidente. Lo ha supportato non a caso uno sceneggiatore collaudato come il David Hare di “The Hours”, che dal fulcro estratto dalla biografia di Julie Kavanagh fa partire i flashback e le ellissi che ricostruiscono l’infanzia e gli anni di duro tirocinio del cosiddetto “corvo bianco” (nel senso di esemplare eterogeneo del branco) destinato a diventare un mito e un’icona pop non solo per l’inaudita forza atletica, la creatività coreutica e la ferrea determinazione con cui rivoluziona i canoni del balletto classico, ma anche per il carattere turbolento, le inclinazioni e le fisime personali nonché i modi di vita decisamente fuori standard.

L’atmosfera della Guerra Fredda costituisce la parte più riuscita del film, anche se non usufruisce della stessa tensione ambientale e psicologica di “Il ponte delle spie” di Spielberg, come dimostra l’acme che vale tutto il film della beffa agli agenti del KGB in cui assumono –come avvenne nella realtà- un ruolo davvero romanzesco l’ex fidanzata di un figlio del mitico ministro gollista Malraux e il collega coreografo e ballerino oggi ottantasettenne Pierre Lacotte. L’equilibrio, invece, tra i tre blocchi temporali in cui si svolgono i fatti risulta alquanto forzato e convenzionale, ragione per cui non risalta con accenti inediti o spiazzanti il sempiterno contrasto –oggi all’ordine del giorno grazie ai risvolti peggiori, consumistici e ipocriti del fenomeno #MeToo- tra l’artista narciso, arrogante, puerile, bisessuale e gli imperativi societari improntati a un arido e conformistico moralismo. Sulla bilancia del giudizio complessivo pesa parecchio, peraltro, la performance obiettivamente eccellente sia sul piano della recitazione, sia su quello delle qualità tecniche del ballerino ucraino Ivenko dell’Opera di Kazan.

NUREYEV – THE WHITE CROW

BIOGRAFICO/DRAMMATICO, GRAN BRETAGNA/FRANCIA 2018

Regia di Ralph Fiennes. Con: Oleg Ivenko, Adèle Exarchopoulos, Culpan Nailevna, Ralph Fiennes

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