Recensioni

Pubblicato il 19 Aprile 2021 | da Valerio Caprara

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Nuevo Orden

Nuevo Orden Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Città del Messico, oggi. La miccia accesa dall'assalto di un gruppo di terroristi alla cerimonia di un matrimonio upper class appicca nella metropoli un incendio societario globale ovvero la più aggiornata e apocalittica versione della lotta di classe.

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Nuevo Orden, ovvero il terzo capitolo del nuovo vincente e avvincente filone distopico. Il primo a volgere in fiction le metafore dell’ordine mondiale sconvolto dai collassi sociali è stato Joker e il secondo Parasite, due cult movie differenti nello stile e la struttura narrative, ma omogenei nel manovrare fatti e personaggi senza paraocchi ideologici o pretese redentoristiche, mentre la new entry  è il titolo made in Mexico che ha vinto  il Leone d’argento alla Mostra di Venezia dell’anno scorso e adesso è disponibile a (modesto) pagamento sul canale Iwonderfull di Prime Video Channels e la piattaforma Iwonderfull.it. Firmato dal quarantaduenne scrittore e regista Michel Franco, non troppo affine ai celebrati e pluripremiati connazionali Inàrritu, Cuaròn e del Toro, il film ha suscitato qualche disputa preventiva nei cui risvolti, certo a causa dell’Ordine nuovo con cui si traduce il titolo nella nostra lingua, è persino echeggiato il termine “fascista”: qualifica, peraltro, da scartare sia perché non riguarderebbe in ogni caso la caratura artistica della pellicola, sia perché essa ha perso nel tempo qualsiasi valore specifico essendo stato adoperata come una clava a ogni piè sospinto e persino contro opere d’influssi e intenti diametralmente opposti (Arancia meccanica, Salò o le 120 giornate di Sodoma e Antichrist per esempio). Nella fattispecie si capisce facilmente come si siano formati i sospetti perché –peraltro non diversamente da come succede nell’accoppiata Joker/Parasite– la furibonda guerriglia tra poveri e ricchi che ne costituisce il leitmotiv non prevede migliori e peggiori, buoni e cattivi, per così dire, genetici né tantomeno soluzioni finali o vie d’uscita improntate alla consueta retorica del progressismo espurgato e corretto.

Non è consentito dettagliare tutto ciò che in ottantotto minuti d’adrenalina monta, minaccia, deflagra, ferisce, morde, urla, si spezza a cura del compiaciuto direttore d’orchestra e ci limitiamo pertanto a riassumere i prodromi dell’inquietante parabola: mentre nei quartieri residenziali di Città del Messico si sta celebrando una festa di matrimonio zeppa di vip dell’elite dominante, irrompe un commando di truci insorti che innescheranno un seguito di assalti, brutalità, sequestri assimilabili alle trame degli horror infestati da zombie. Facile immaginare come siano pronti a sfruttare l’occasione i militari al servizio di non meglio identificati governanti in un crescendo di efferatezze in cui nessuno sarà più in grado di distinguere i combattenti e tantomeno le ragioni per cui si dilaniano l’uno con l’altro all’ultimo sangue.

Cosa aggiungere, se non che la messa in scena di uno scenario prosciugato di qualsiasi compassione che costeggia la storia e la cronaca battendo all’impazzata in nome e per conto dei Gilet gialli, Occupy Wall Street, Black Lives Matter, Hong Kong, Cile, Libano e chi più ne ha più ne metta sui tasti del crescente, insostenibile divario tra chi ha troppo e chi non ha niente non ha più i crismi della sorpresa? In questo quadro drammaturgico fosco, vistosamente dimostrativo, vagamente debitore delle teorie etologiche influenzate dal pensiero darwiniano e indubbiamente efficace sul piano dello spettacolo non sono certo sottovalutabili il ritmo martellante del montaggio, le performance di attori tutti dotati di fisico e “faccia”, le inquadrature che sembrano rubate agli archivi della polizia criminale, la colonna sonora tutt’altro che convenzionale e la fotografia in qualche modo camaleontica come i personaggi che si rubano a vicenda il momentaneo potere della sopraffazione e la vile adesione alle lusinghe della corruttela.

Se tuttavia il film di Franco non arriva a essere il capodopera che vorrebbe essere né a iscriversi, come alcuni apologeti hanno adombrato, nel libro d’oro delle provocazioni anarcoidi alla Bunuel la ragione non sta certo nel suo immaginario fascismo e neppure nel suo ipotetico antagonismo, bensì nella platealità del pessimismo cosmico che lo sommerge, la semplificazione di molte metafore e il catalogo fuori misura delle torture, sadismi e stupri che anche quando sono astutamente collocati fuori campo conferiscono all’insieme il sentore dell’autorialità che non ha creduto oppure ha creduto troppo a sé stessa.

 

NUEVO ORDEN

DRAMMATICO – MESSICO 2020 

Regia di Michel Franco. Con Naian Gonzales Norvind, Diego Boneta, Monica Del Carmen, Darío Yazbek, Patricia Bernal, Fernando Cuautle

    

 

 

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