Recensioni

Pubblicato il 15 Ottobre 2016 | da Valerio Caprara

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Neruda

Neruda Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario:

3.5


Un film eccellente e secondo noi superiore a molti dei sopravvalutati titoli precedenti di Pablo Larraìn: il quarantenne capofila del cinema cileno, infatti, prima di “Jackie” in concorso all’ultima Mostra di Venezia ma ancora inedito in Italia, ha diretto “Neruda” che fa fatica a rientrare nel formato del biopic perché trasforma, sulla scorta della sceneggiatura di Guillermo Calderòn, una delle più drammatiche fasi della vita del poeta premio Nobel in un ritratto ambiguo, spiazzante, visionario nonché felicemente estraneo al consueto canone agiografico. La messinscena riguarda “solo” tredici mesi e cioè la fuga da Santiago di Ricardo Eliécer Neftalì Reyes Basoalto in arte Pablo Neruda –senatore nel 1948 dell’autoctono partito comunista- colpito dall’ordine d’arresto spiccato nei suoi confronti dal presidente Videla in seguito a una sua virulenta arringa antigovernativa. Con un furbo guizzo registico, che peraltro combacia perfettamente con la realtà (recuperare per credere le rievocazioni del soggiorno caprese del ‘52 dell’esule in compagnia dell’amante-amatissima Matilde Urrutia sotto la protezione della nomenklatura del Pci), il film dota il protagonista di caratteristiche tutt’altro che sacrali o irreprensibili: grazie anche all’ottima incarnazione di Luis Gnecco, l’ispirato e veemente poeta appare come un uomo grasso, pelato, iracondo nonché gaudente puttaniere, paladino coraggioso dei minatori e dei campesinos, ma anche adepto fino all’inebriamento mistico dell’egotismo amoroso e della squisita sensualità della natura.

Dentro questa griglia volutamente asimmetrica, che rende la gigantografia schermica cangiante, complessa e non immune da schizzi di sarcasmo –Neruda è e insieme si autoincorona artista inadatto a essere museificato, se non mummificato come vorrebbe la sua stessa fede nell’allora staliniano comunismo- s’inserisce il personaggio di Oscar (Bernal), sbirro immaginario e voce narrante che gli dà un’implacabile caccia, ma in realtà subisce un compulsivo processo d’identificazione, una sorta di risucchio romanzesco, un inarrestabile abbandono nella personalità prim’ancora che nelle ragioni dell’antagonista. Larraìn, in un certo senso, costringe a poco il protagonista a separarsi da una sia pure nobile e condivisa Storia per fondersi voluttuosamente con l’astrattezza di una Leggenda. Lo scorcio biografico non s’accontenta, così, della vittoria della buona (o presunta tale) politica contro le nequizie della dittatura, ma cerca e ottiene la massima potenza nel transfert finale sulla cordigliera andina degno di un neowestern di Tarantino.

Neruda

Regia: Pablo Larraìn

Con: Luis Gnecco, Gael Garcìa Bernal, Alfredo Castro

Drammatico – Argentina/Cile/Spagna 2016

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