Recensioni no image

Pubblicato il 28 Ottobre 2010 | da Valerio Caprara

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 Mammuth

 Tutt’altro che un capolavoro, “Mammuth” è uno di quei film che strappa un briciolo di simpatia anche agli spettatori più refrattari. Meglio dire subito, peraltro, che la messinscena si sorregge tutta sulla strenua performance di Gérard Depardieu, a suo pieno agio nel raggiungere vette sublimi giocando sulle concordanze tra il protagonista di finzione e la propria autentica personalità. I registi Delépine e Kervern (noti in patria come autori del programma più sfrontato di CanalPlus) avevano esibito propensioni affini in “Louise-Michel”, revival della lotta di classe vista attraverso lo specchio deformante del noir grottesco; in questo caso finiscono per cedere alle tentazioni del buonismo e alle scorciatoie del reducismo, ma non prima di avere fissato sullo schermo il viaggio picaresco di un personaggio pour cause mastodontico. Come non iscriversi, del resto, alla schiera dei futuri fans di Serge Pilardosse, proletario dai mille mestieri e in ultimo “artista del maiale”, capelli lunghi sino al sedere e panzone inversamente proporzionale alla malizia?

Giunto alle soglie della pensione il pittoresco sessantenne si accorge che per intascarla deve recuperare un bel po’ di certificati e ricevute, ragion per cui –spinto dalla pari stazza moglie Catherine (la bravissima Yolande Moreau di “Sèraphine”)- tira fuori dal garage la sua Munch 4 TTS-E, mostruosa moto teutonica di centoquattro cavalli abbandonata da tempo immemorabile e si mette in viaggio sulle strade familiari della Charente-Maritime. A cavallo del “Mammuth” (mai nome fu più appropriato), il buon Serge rivive a modo suo l’epopea di “Easy Rider”, inanellando una serie d’incontri pietosi, surreali o truculenti che lo trovano di volta in volta attonito estraneo o incontrollabile complice. Pur atteggiandosi ad anarchici feroci, a Ciprì e Maresco d’oltralpe, i registi strizzano spesso l’occhiolino alla platea, sorvolano sull’abc di confezione (fotografia sgranata, riprese in stile Superotto, presa diretta sconsigliata ai deboli d’udito) e premono il pedale sul catalogo delle denuncie progressiste pret-à-porter: gli operai sono diventati consumisti, l’orgoglio del lavoro è sopraffatto dalle nevrosi, la cultura informatica inaridisce gli animi e il paesaggio stesso sembra spesso una squallida creazione del computer ecc… Il volutamente sgangherato road-movie meriterebbe, in effetti, qualche scatto più sorprendente; tanto è vero che i suoi momenti più felici e incisivi coincidono con le intuizioni lunari e spiazzanti, le trovate estrose e irrituali (la nipote artista, il fantasma sanguinante dell’amore perduto incarnato per vezzo cinéfilo dall’amica Isabelle Adjani) e soprattutto le esilaranti espressioni fuori fase di Depardieu, tenerissimo romantico travestito da maleodorante sballatone.

MAMMUTH

REGIA: BENOIT DELEPINE, GUSTAVE KERVERN

CON: GERARD DEPARDIEU, YOLANDE MOREAU, ISABELLE ADJANI, MISS MING, ANNA MOUGLALIS

COMMEDIA – FRANCIA 2010

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