Recensioni

Pubblicato il 8 Dicembre 2020 | da Valerio Caprara

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La vita davanti a sé

La vita davanti a sé Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario:

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“La vita davanti a sé”, prodotto dalla Palomar di Carlo Degli Esposti insieme al colosso dello streaming Netflix che lo distribuisce sulla propria piattaforma, valorizza il ritorno di Sophia oppure succede esattamente il contrario? La risposta è facilissima perché la nuova trasposizione del romanzo di Romain Gary –quella realizzata in Francia nel 1977 e insignita dell’Oscar per il migliore film straniero si tramanda anch’essa per la prova della protagonista Simone Signoret- senza la magnifica ottantaseienne proprio non ce l’avrebbe fatta a distinguersi dalla routine dei melò. Si capiscono al volo, infatti, le ragioni per cui l’intramontabile signora ha accettato di mettersi in gioco per la quinta volta nell’ultimo ventennio: la regia affidata all’adorato figlio Edoardo e la trama talmente gremita di ogni possibile componente pacificatoria, patetica, umanista, antirazzista da farne una sorta di “Le avventure di Oliver Twist” sintonizzato con qualche compiaciuta ambiguità (come l’assenza di un minimo di giudizio sulla lucrosa attività di spacciatore dello scugnizziello nero) sugli attuali tempi di smarrimento e di terrore. Dal pittoresco quartiere parigino di Belleville l’azione è stata spostata nelle stradine di Bari vecchia non senza provocare qualche incongruenza (gli ebrei sopravvissuti all’olocausto non pullulano nella nostrana mini casbah), mentre la trama, sfrondata di molte delle sottostorie originarie, si concentra ancora di più sul complicato e litigioso  rapporto tra l’ex prostituta Madame Rosà e il più indomabile tra i bambini orfani oppure figli di colleghe in attività che ospita, sfama, educa e gestisce a pagamento. Tutto il film si basa ovviamente sul teatrino messo in piedi dall’attrice –che vi esibisce un volto assai segnato, ma anche un fisico e un’andatura saldi e controllati nonché una padronanza delle battute (parolacce comprese) eccezionale- col partner dodicenne Momò interpretato dall’esordiente Gueye con il repertorio integrale mondiale delle faccette & mossette accattivanti; logico che in quest’ambito non siano previste variazioni sul tema, il che sarebbe anche un bene per quanto riguarda l’efficacia del ritmo, il climax e le citazioni (tra cui, plateali quelle dei candelabri rubati e restituiti desunta dal capolavoro hughiano “I miserabili” e della scena madre in terrazza in omaggio alla celebre performance di Sophia nel classico di Scola “Una giornata particolare”), se poi non si percepisse nettamente l’impressione di un prodotto riservato a un pubblico disinteressato a qualsiasi azzardo stilistico o autoriale e assuefatto a un peraltro dignitoso standard televisivo. Accanto al duetto che nel bene e nel male finisce per egemonizzare ogni fotogramma della parabola si schierano un cast di ottimo livello capeggiato dal nostro highlander generazionale Carpentieri ovvero il paziente dottore che consegna Momò a Madame, Karimi nella parte del tollerante negoziante musulmano e la trans Zamora in auge grazie alla serie spagnola “Vis a Vis” nonché un pool di musicisti e cantanti di qualità, dal veterano Yared ai Maneskin, Guè Pequeno e la Pausini gorgheggiante alla sua maniera “Non lo so io/Che destino è il tuo/Ma se vuoi/Se mi vuoi sono qui/Nessuno ti sente, ma io sì”.

LA VITA DAVANTI A SÉ

DRAMMATICO – ITALIA/USA 2020  

Regia di Edoardo Ponti. Con Sophia Loren, Ibrahima Gueye, Renato Carpentieri, Massimiliano Rossi, Abril Zamora, Babak Karimi                            

 

 

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