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Pubblicato il 26 Gennaio 2017 | da Valerio Caprara

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La La Land

La La Land Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
confezione
interpretazioni
emozioni

Sommario: Mia e Sebastian, giovani, carini, spiantati e alla ricerca di un posto al sole nella mecca del cinema di Los Angeles, ci riescono anche grazie alla loro travolgente love story... Fino a quando l'inesorabile trascorrere del tempo romperà l'accordo tra felicità e successo.

3.4


Sarà un limite? La La Land sta bruciando tutte le tappe della gloria cinematografica, ma forse piacerà davvero solo agli spettatori innamorati. A tutti gli altri in condizioni meno propizie, però, il nuovo exploit del trentunenne americano Chazelle (il cui padre è un eminente matematico francese che attualmente insegna a Princeton), già autore dell’eccellente Whiplash, procurerà benefici effetti per il brio giovanile e il taglio postmoderno con cui trasforma l’omaggio smaccato all’epoca d’oro del musical hollywoodiano in un poemetto sull’inesorabile corsa del tempo e l’impossibilità di condividere per sempre i sogni persino con chi ti ha aiutato a realizzarli. Esattamente quello che succede a Mia, barista negli studi della Warner abbonata ai fallimenti nei provini che dovrebbero aprirle le porte del cinema e a Sebastian, musicista jazz anche lui impegnato a Los Angeles in una donchisciottesca lotta contro la necessità di guadagnarsi il pane quotidiano che gli nega quella di mostrare al mondo il suo avanguardistico talento. Poco a poco, per la gioia delle platee avide di lasciarsi alle spalle tempi non proprio festosi e incoraggianti, si piacciono e si accoppiano anche se, a veder bene, il romantico evento si basa sul meno poetico meccanismo del mutuo scambio carrieristico. Su questo scivoloso terreno la regia s’aggancia, peraltro, a efficaci puntelli, tra cui quello della solita protesta contro la ‘sporca società’ che avrebbe –allora come sempre- perduto la misura del gusto e dei valori artistici.

L’abilità o, se volete, furbizia del film (al di là del fatto ininfluente che sia giustificata o meno la pioggia di nomination all’Oscar) risiede, tra l’altro, nel permettere una duplice chance di ricezione: quella, appunto, immediata garantita dal classico leitmotiv del boy meets girl e quella indotta dalla sensazione che sia destinato a disgregarsi non tanto o non solo il cemento di qualsiasi coppia, bensì la struttura della macchina-cinema così come l’abbiamo conosciuta sino a oggi. E’ solo in questa chiave, infatti, che può funzionare l’arduo equilibrio tra l’apparente invito ad abbandonarsi a uno scontato culto cinéfilo e le tante citazioni criptate (da Cantando sotto la pioggia Gioventù bruciata ai dipinti di Hopper) che segnalano, invece, come il fascino e l’emozione del film si basino in realtà sull’inutilità di rimpiangerle. Al di là dell’estrema gradevolezza degli snodi tra ballo e canto sospesi sui virtuosismi della fotografia e il montaggio (mentre le musiche e le canzoni sono accattivanti, ma non eccelse), è ancora quest’equilibrio che sorregge le figure della Stone (bravissima, ma francamente assai poco affascinante) e del post-Gene Kelly Gosling, le droga, per così dire, al momento delle aperture favolistiche e le rende funzionali a proporzioni drammaturgiche piuttosto ridotte, per fare solo un esempio, rispetto a quelle della Kidman e McGregor nel vertiginoso sincretismo pop di Moulin Rouge.

LA LA LAND

Regia: Damien Chazelle

Con: Ryan Gosling, Emma Stone, J. K. Simmmons, Rosemarie DeWitt

Musical – Usa 2016

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