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Pubblicato il 27 Gennaio 2016 | da Valerio Caprara

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Joy

Joy Valerio Caprara
Emozione
Qualità
Scrittura
Recitazione

Sommario: La storia della "mitica" Joy Mangano, a metà fra commedia e dramma.

2.8


Se ci venisse in mente d’esporre a un ignaro amico l’argomento del promozionato e apprezzato “Joy”, firmato per di più dall’autorevole David O. Russell di “Il lato positivo”, rischieremmo d’essere mandati all’inferno dei cinefili. A metà tra commedia e dramma, infatti, lo script di Annie Mumolo riscritto dal regista sciorina la storia della “mitica” e oggi quasi sessantenne Joy Mangano che grazie a una formidabile predisposizione per le invenzioni un bel giorno del 1990 creò, udite udite, la rivoluzionaria scopa per pulire il pavimento soprannominata oltreoceano Miracle Mop e qui da noi Mocio… Ci sarebbe, insomma, da restare annichiliti in partenza e meno male che la malizia, il mestiere e la capacità di dirigere gli attori riescano via via a farci almeno ammirare l’acrobatico destreggiarsi del temerario cineasta. Ecco dunque spadroneggiare in lungo e in largo sullo schermo l’irresistibile eroina degli Hunger Games (l’è già stata recapitata l’inevitabile nomination degli imminenti Oscar per la migliore protagonista), calata nel ruolo della futura capitalista madre single di tre figli nonché afflitta da una famiglia disfunzionale completa di madre finta malata e rimpinzata dalle vicende di una melmosa fiction tv, padre gigione (di nuovo De Niro, ovviamente) e matrigna danarosa, ma nei suoi confronti vilmente diffidente.
La parabola veristica, tesa a esaltare le proverbiali facoltà del self made americano(a), è centrata quasi interamente sull’allegra follia di una comunità domestica per noi ai limiti dell’horror, però evidentemente in grado di eccitare un certo tipo di pubblico con la voglia di rivalsa di una donna che non pensa tanto a se stessa, quanto, appunto, agli astiosi o famelici, cinici o grotteschi personaggi appartenenti alla classe operaia che la circondano con amore asfissiante. Nient’altro, in definitiva, di una scalata sociale che, more solito per la Hollywood meno ispirata, deve fare i conti con ogni sorta di profittatori, ma anche con imprevedibili partner e complici, primo fra tutti l’immancabile e fascinoso Bradley Cooper. L’aspetto più interessante del film sta nel lavoro effettuato da Russell sul meccanismo delle soap opera: grazie alla più folle del gruppuscolo, la donna che non esce più di casa e vive ormai “dentro” lo schermo del televisore, si susseguono le immagini di un fluviale prodotto di consumo che ha tutte caratteristiche per essere non tanto giudicata, quanto recepita come un romanzo russo dell’Ottocento traslato nell’immaginario del Duemila. La Lawrence tecnicamente è formidabile e la sua apoteosi, pardon trasformazione nel tempo non risulta mai forzata. Peccato, però, che in quanto alla pretesa luminosità fiabesca la lascino ampiamente indietro tutte le antesignane di Vidor, Minnelli o Capra.


JOY
REGIA: DAVID O. RUSSELL
CON: JENNIFER LAWRENCE, ROBERT DE NIRO, BRADLEY COOPER, DIANE LADD, ISABELLA ROSSELLINI
BIOGRAFICO – USA 2015

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