Recensioni

Pubblicato il 29 Dicembre 2015 | da Valerio Caprara

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Irrational Man

Irrational Man Valerio Caprara
ambientazione
regia
Scene
Luci
Ombre
prova

Sommario: prova prova prova

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E’ confortante ritrovarsi alle prese con un film di Woody Allen, l’ottantenne demiurgo delle nostre risate cinematografiche più amare, acuminate e spassose. Proviamo una certa indulgenza, non a caso, nei confronti dei suoi fan più estremi pronti a sostenere che il peggiore Allen è migliore della maggioranza dei titoli a disposizione. “Irrational Man” appartiene al versante noir e filosofico della sua abbondante filmografia e ne accentua, se possibile, il background di disincanto totale e di sostanziale accettazione dell’irrazionalità pericolosa dell’essere umano. Oscillando tra temi e atmosfere che ormai gli sono più che familiari, il piccolo grande tragicomico modella uno script per la verità troppo “telefonato” e si diverte a demolire l’importanza dei rovelli e i quesiti esistenziali che con apparente impegno e cipiglio ha lungo tutto il film messo in scena e in bocca ai suoi attori. Interpretato da un Joaquin Phoenix, come al solito straordinario benché imbruttito da un panzone da alcolista, il professor Abe Lucas si è appena trasferito nell’università di un’anonima cittadina del Rhode Island e, nonostante la sua cupezza e la sua depressione, le donne gli cadono come sempre nel letto, dalla disillusa collega alla più brillante studentessa del corso. Le ragioni della sua impotenza psichica (e occasionalmente fisiologica) costituiscono, purtroppo, un catalogo di freudismo alleniano minore: una mamma suicida, la moglie che l’ha mollato e l’amore per la filosofia che è regredito in una stanca routine. Un giorno, però, una conversazione rubacchiata per caso lo mette a contatto con la disperazione di una donna ferita a morte dal cinismo e la disonestà di un magistrato (ci saranno proteste corporative in Italia?).
Nel capolavoro “Match Point” il gioco di rimpalli sarcastici da un lato all’altro dello scivoloso concetto di “giustizia” si traduceva, come non solo i cinefili amano ricordare, in un giallo insieme avvincente e straniato, quasi un aggiornamento dei temi degli scrittori naturalisti alla Dreiser di “Una tragedia americana”. Nel suo ultimo film, invece, l’alternarsi sulle note della partitura jazz del Ramsey Lewis Trio delle azioni dei protagonisti ha un che di meccanico e di risaputo e gli stessi attori, super Phoenix a parte, sembrano subire il carisma del maestro e non essere in grado di restituirgli appieno né lo scatto farsesco (fatte salve la cena in cui la ragazza interpretata dalla prediletta Emma Stone vuole fare conoscere il maturo docente ai propri genitori e la serata giovanilistica in cui il protagonista decide di recitare un penoso finto suicidio) né il senso thrilling delle teorie kantiane o kierkegaardiane commissionatigli. Non manca la voce fuori campo che aggiunge all’azione i pensieri del professore che, caso emblematico, è bravissimo nell’elaborazione teorica, ma disastroso sul piano della relativa applicazione pratica. “Irrational Man”, ovviamente, resta nell’ordine del cinema di qualità e conta su non pochi passaggi di sofisticato gioco di paradossi e un epilogo alquanto sorprendente, però stupisce come si aprano qua e là larghe fenditure di manierismi e superficialità, avvitamenti su se stesso o addirittura, come si riscontra di rado nei suoi film, vere e proprie sfocature che non riguardano tanto la confezione quanto la brillantezza e la pertinenza drammaturgiche.

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