Articoli

Pubblicato il 21 Luglio 2016 | da Valerio Caprara

0

Hector Babenco scomparso

Gli argentini non amano i brasiliani e viceversa. Al contrario Hector Eduardo Babenco, scomparso ieri all’età di settant’anni, ha trovato ispirazione, comunità d’intenti, mezzi e persino cittadinanza nel grande paese quasi amico che oggi lo piange alla stregua dei suoi cineasti più rispettati nel mondo. Nato a Mar del Plata il 7 febbraio del ‘46 da una famiglia d’origini europee, Babenco esordisce, infatti, nel ’73 come autore del documentario sulle gesta del pilota Emerson Fittipaldi (“Il favoloso Fittipaldi”) e prosegue con due titoli parimenti di nazionalità verdeoro prima di raggiungere la notorietà internazionale con “Pixote – La legge del più debole” (’81). Tratto da un romanzo di José Louzeiro, il film epicizza la vita violenta dei ragazzi di strada puntando sull’impressionante credibilità degli interpreti non professionisti e su uno stile che fu subito assimilato al neorealismo. In realtà il modello a cui guardava il trentacinquenne naturalizzato era il “cinema novo” dei Pereira dos Santos, de Andrade, Guerra e Rocha che aveva affiancato alla lezione dei maestri italiani un violento spirito di revanche terzomondista e includeva il germe di una cinefilia moderna sofisticata e insieme popolare.

I sudamericani non amano Hollywood e viceversa. Al contrario Babenco accetta nell’85 di girare la trasposizione del bestseller di Manuel Puig “Il bacio della donna ragno” adattandosi alle esigenze di un’ambiziosa coproduzione tra Brasile e Usa e conquistando grazie a essa quattro nomination agli Oscar coronate dalla statuetta di migliore attore protagonista assegnata a William Hurt. Il film resta, in effetti, memorabile soprattutto per le ottime performance di Hurt e Raul Julia, eccezionali nel replicare sullo schermo la prolungata schermaglia psicologica tra due detenuti rinchiusi nella stessa cella che coniuga con taglio blandamente giallo la denuncia delle dittature militari con il culto morboso dei film, i personaggi e le atmosfere del cinema classico di genere. Trasferitosi nei poco amati Stati Uniti, dirige “Ironweed” nell’87 (un fiasco nonostante il protagonismo di divi come Nicholson e Streep) e poi si fa notare a cadenze irregolari più nei festival che nelle classifiche degli incassi. E’ curioso, però, che tra i molto lodati e molto fiacchi “Giocando nei campi del Signore”, “Cuore illuminato” o “Il passato”, il suo film migliore sia senz’altro “Carandiru” (2003), veemente thrilling carcerario degno, guarda caso, dei migliori esempi di un sempreverde filone hollywoodiano.

Condividi su
Share




Torna su ↑
  • Old Movies Project

    Old Movies Project
  • Film Commission

    Film Commission
  • Archivi

  • Facebook

  • Ultimi Video – Five – Fanpage

  • Ultimi Tweet

  • Link amici