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Pubblicato il 8 Dicembre 2020 | da Valerio Caprara

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Gigi Proietti. Morte di un tifoso romanista

Non è certo cosa nuova il trasporto nei confronti di una squadra di calcio esibito dalle celebrities e ovviamente ciascun tifoso ritiene preminente e ineguagliabile quello dei propri illustri testimonial. È difficile peraltro ritrovare un’immedesimazione altrettanto adesiva di quella che Proietti ha praticato nel ruolo di supporter dell’As Roma: conta certamente al proposito il tweet pubblicato ieri dal sito ufficiale della società (“Un pezzo di Roma che se ne va. Grazie di tutto, maestro”), ma conta ancora di più quello che l’insuperabile trasformista ha disseminato sia nella vita reale, sia in quella artistica, una sorta di prolungata dichiarazione d’amore per uno di quei club in cui l’anima e la carne fanno un tutt’uno. Il carattere interclassista, ma con forte sbilanciamento nei precordi popolari –con tutti i suoi colpi d’ala e tutte le sue incrostazioni grevi e faziose- di un tale modello “scandaloso” di culto circense e pagano, l’antitesi di tutte le concezioni che si comportano nei confronti del mondo come se gli toccasse la missione di redimerlo, si è integrato come raramente è successo ad altri sia pure maestosi e amatissimi performer (da Sordi a Rascel, da Morricone ai Vanzina, dalla Ferilli a Banfi, ai Gassman e Favino). L’unico profilo che regge il confronto è quello di Venditti, non tanto per il suo rapporto con le vicende agonistiche del team quanto per le meravigliose canzoni che si sono affermate come le più poetiche mai concepite per un sentimento così materialistico e viscerale.

Possiamo lasciare veleggiare nelle anormali normalità del tifo le sue abitudini di seguire le partite facendo anticipare e spostare le prove degli spettacoli oppure di fare piazzare nelle medesime occasioni sul set dei film in cui doveva recitare un apparecchio tv, ma la romanità di Proietti emerge molto meglio, per esempio, in un unicum come la replica del giugno 2000 allo stadio Olimpico dello show “A me gli occhi please”: “Ladis end getlemen, dalla cuerva Sudde dell’Olimpic Stadium…”.

Il cinefilo o il teatrofilo, che sono sempre un po’ maniaci come lui, sanno anche scovare i pezzi di bravura contrassegnati dal morbo giallorosso: nel cult “Febbre da cavallo” il protagonista cialtrone simpatico come pochi altri del caravanserraglio della commedia casereccia tifa più per la Roma che per i cavalli su cui scommette compulsivamente; la barzelletta passata alla storia del cabaret col titolo “Il posto allo stadio” (nel ricordo di un’analoga cialtronata di Gassman nel capodopera “I mostri”) fotografa un signore che offre singhiozzando il sediolino libero accanto al proprio all’ultimo arrivato: “Mi dispiace, perché fa così…/ Era il posto abituale della mia carissima consorte defunta, ormai sono rimasto solo a esultare o rattristarmi per la nostra Roma/ Ma, scusi non potrebbe tornare allo stadio, che so, con un parente, un amico…/ Eeh no, stanno tutti al funerale”; nel riuscitissimo e sottovalutato schizzo grottesco di “Tutti al mare” del giovane Cerami il suo smemorato da antologia declama al bancone del bar la formazione della Roma dello scudetto del 2001, ma s‘inceppa sul più bello al momento di citare l’allenatore: “Sì, coso, comesichiama, coso, eh sì, n’antro livello: coso” accompagnandosi all’uscita con un impagabile mossetta di chi sa tutto a puntino…

Grazie all’ex presidente Franco Sensi nominato Cavaliere della Roma insieme a Banfi, ha mantenuto non a caso uno schietto rapporto con Rosella la figlia del presidente che ha guidato le redini della società fin quando è stato possibile e ha avuto parole di caldo apprezzamento per chi forse un giorno potrà prendere un pezzo del cuore inaridito dell’adepto: “Zaniolo è un ragazzo così energico e forte. Ma come tutte le sorgenti di forza deve essere ben equilibrato affinché non si sprechi”.  Nella vana preghiera agli dei del rettangolo verde di fargli riassaporare almeno uno scudetto c’è stato spazio, ovviamente, per il culto ormai onanistico –ma quanto dolce, quanto lenitivo delle sue e nostre sofferenze (non tifiamo, per fortuna, per la Juventus)- del giocatore più vicino al suo spirito autoironico e malandrino: “Sospetto sempre de chi non sà ride”. Totti, ha dichiarato poco tempo fa, ha in sé tutti i tratti della vita dell’attore e del suo connaturato esibizionismo per procurare piacere e divertimento… “è una presenza ideale che sotto sotto c’è sempre la speranza che un giorno possa dire Rieccomi”.  

           

 

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