Recensioni

Pubblicato il 10 Luglio 2021 | da Valerio Caprara

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FIRST COW/OCCHI BLU

Fingiamo per amore che siano duelli a sfondo trionfalistico. Film innovativi e attrattivi nelle sale riaperte contro film inediti e prestigiosi sulle piattaforme tv a pagamento, per la gioia degli spettatori che non hanno rinunciato all’amore per il grande o piccolo schermo: se la situazione, purtroppo, è molto meno rosea, capita invece che si verifichino le suddette coincidenze. Confermando, infatti, la notevole varietà e l’alta qualità di un listino in grado di soddisfare adesioni esigenti e competenti, MUBI (il cui catalogo è fruibile su abbonamento mensile o annuale, con 7 giorni di prova gratuiti) rende disponibile il western sui generis “First Cow” (“La prima vacca”) di Kelly Reichardt, miglior film al New York Film Critics Awards dello scorso anno. Anche chi non è un adepto del “genere americano per eccellenza” su cui si è formata la generazione di cinefili forgiati dall’anticonformismo e l’audacia del gusto post-sessantottini, potrà appassionarsi a questa raffinata trasposizione del romanzo The Half-Life di Jonathan Raymond ambientata in un’America profonda, remota, immersa nell’eterno ciclo della vita, un’America che abbiamo visto mille volte al cinema, ma che riesce ogni volta a sembrarci un’emozionante scoperta. La trama è inessenziale perché, senza fiancheggiare il delirante e pretenzioso misticismo dell’ultimo Malick, (“The Tree of Life”, “To the Wonder”), la regista di tipico stampo indipendente cerca, al contrario, di evocare un aspetto materiale, concreto del Sogno americano e cioè la strenua e inarrestabile marcia degli uomini e le donne che vollero viverci e lavorarci. Così nell’Oregon ottocentesco due vagabondi senza arte né parte, un cuoco solitario e taciturno e un ex marinaio cinese, formano a sorpresa un binomio pre-imprenditoriale che, in attesa di aprire un albergo a San Francisco, s’industria a procurarsi senza andare troppo per il sottile il latte necessario per confezionare e vendere frittelle: il mito della Frontiera, un po’ come succede nel recente e più movimentato “I fratelli Sisters”, non viene sbeffeggiato sulla falsariga della solita coazione a ripetere antiamericana, bensì ricondotto a una wilderness, uno stato selvaggio inevitabilmente destinato a essere schiacciato nella macina  auto-rigeneratrice del capitalismo, però fondato su un’originaria e inimitabile condizione d’innocenza. In ragione di una certa staticità estetizzante e un eccesso di contemplazione naturalistica si resta lontani dal sublime Peckinpah di “La ballata di Cable Hogue”, ma anche, deo gratias, dalla paccottiglia fantasy che Hollywood sforna per non essere rottamata dalle nuove generazioni di utenti.

Anche chi sceglie di recarsi come ai vecchi tempi al botteghino di una sala (con aria condizionata ovviamente) può peraltro pescare un film italiano abbastanza elaborato e stuzzicante. “Occhi blu”, l’esordio dietro la macchina da presa della brillante attrice Michela Cescon, infatti, è un poliziesco, anzi, considerando le affinità col noto taglio alla francese, un polar costruito con divertita leggerezza, ma anche la giusta dose d’ambizione su una sceneggiatura scritta dalla stessa neoregista insieme alle firme sperimentate di Marco Lodoli e Heidrun Schleef. Senza concedere molto alle psicologie, alle sociologie, alle ideologie, vi furoreggia la Golino nella parte di una centaura rapinatrice di banche e gioiellerie, imprendibile non solo e non tanto perché supportata da un abile meccanico di periferia, ma anche perché più furba e spregiudicata dei due principali inseguitori, un commissario canterino e un francese dal torbido status che vuole vendicarsi della morte della figlia dovuta, guarda caso, all’irresponsabilità di un motociclista. La Cescon si è coperta le spalle –un pregio mai troppo lodato dai recensori a caccia di significati ineffabili- dotando innanzitutto il film di un’orditura formale eccellente: la Roma che si delinea come in filigrana alla fotografia di Matteo Coco e alle musiche di Andrea Ferri (con il bonus della tromba di Paolo Fresu) è sicuramente adeguata alle atmosfere stilizzate, astratte, ingannatrici e scandite da laconici capitoletti che sono messe a carico della magnifica quanto criminosa ossessione della protagonista. Il risultato è gradevole, accattivante e mai greve; peccato solo che che il gioco si scopra a tratti pretestuoso e l’omaggio ricalchi troppo da vicino il prontuario di un genere frequentatissimo: se infatti si può accettare di buon grado che manchino fastidiose spiegazioni e l’evanescenza faccia parte a buon diritto della decostruzione cinefila, è pur vero che non è gentile chiedere allo spettatore di vagare nei buchi neri della storia per risolversi da sé i dubbi.

 

FIRST COW

WESTERN/DRAMMATICO – USA 2019      

Regia di Kelly Reichardt. Con John Magaro, Orion Lee, Toby Jones, Gary Farmer, Don MacEllis

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OCCHI BLU

POLIZIESCO – ITALIA 2021    

Regia di Michela Cescon. Con Valeria Golino, Jean-Hughes Anglade, Ivano De Matteo, Matteo Olivetti     

 

 

         

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