Recensioni

Pubblicato il 27 Settembre 2018 | da Valerio Caprara

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BLACKKKLANSMAN

BLACKKKLANSMAN Valerio Caprara
soggetto sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Da una storia vera d'inizio anni Settanta. Il detective nero Stallworth di stanza a Colorado Springs contatta via telefono il capo del Ku Klux Klan locale facendosi passare per fanatico razzista. Quando, però, per perfezionare l'operazione sotto copertura è costretto a incontrarsi di persona con i membri della società segreta manda al suo posto un collega bianco ed ebreo. Le due talpe sono coinvolte in numerosi frangenti farseschi, ma nel film risalta anche la veemente denuncia degli abomini del razzismo.

1.5


Molto ambizioso e altrettanto non riuscito, “Blackkklansman” certifica l’involuzione di Spike Lee che nel ventennio a cavallo del 2000 è stato uno dei migliori registi del mondo. Già contorto nel gioco di parole del titolo, infatti, il ventiduesimo film firmato dal sessantunenne titolare della casa di produzione 40 Acres & a Mule mette tanta di quella carne al fuoco da uscirne bruciacchiato in termini di sapore e consistenza: il fatto che sia tratto, come certificano i titoli di testa, da “una fottutissima storia” vera non consolerà gli spettatori che ne avrebbero certamente preferito una falsa, però meno caotica e assurda e più avvincente e fluida come nel caso dei capolavori “Fa’ la cosa giusta” o “La 25esima ora”. Le originarie memorie del protagonista, oggi arzillo pensionato, diventano sullo schermo una sorta di commedia a tendenza farsesca che, però, a intervalli regolari lancia vere e proprie intemerate, tanto veementi sul piano politico quanto stridenti su quello del modo narrativo e il tono drammaturgico.

Detective nero all’alba dei Settanta a Colorado Springs, Stallworth (interpretato decisamente male dal figlio d’arte J. D. Washington) finge di eseguire gli ordini degli sprezzanti colleghi razzisti, ma in realtà cerca di sfruttare il ruolo per supportare la giusta causa della sua gente. In possesso di una singolare abilità nell’imitare la voce dei buzzurri locali bianchi, s’infiltra nel Ku Klux Klan eccitando al telefono l’interesse del capo della banda David Duke (Grace) che ovviamente vuole incontrarlo e arruolarlo al più presto: a questo punto -realtà romanzesca che non avrebbe meritato tanto interesse- il marpione convince il collega bianco ed ebreo Flip (il quotato ma sopravvalutato Driver) a rappresentarlo negli inevitabili abboccamenti, dando il via a un paradossale balletto di siparietti, macchiette, quiproquo e trabocchetti sotto copertura e orientando il film nel senso del classico “buddy movie” con accoppiata di sbirri. Peccato che il bieco Gran Maestro decida un giorno di mettersi in viaggio dal suo covo in Louisiana per consegnare la tessera d’iscrizione nelle mani del nuovo e zelante (presunto) adepto…

Fino a quando i dialoghi conferiscono una certa vivacità all’insieme nel tripudio di parrucche afro, infuocate assemblee di Black Panthers e abiti sgargianti e colori pop in stile “Shaft il detective”, il film riesce a mantenere l’equilibrio mentre, per quanto concerne il coté militante, vale la pena di sottolineare qualche picco emotivo come quello del novantunenne Harry Belafonte che rievoca con l’autorevolezza dell’icona un atroce episodio del segregazionismo. Può andar bene anche il plateale quanto ripetitivo parallelismo istituito tra le storiche persecuzioni del popolo nero e l’era Trump, bollata, più ancora che dall’inserto finale documentaristico sull’attentato neonazista di Charlottesville del 2017, da uno scambio di battute all’acido muriatico: “L’America non eleggerebbe mai presidente uno come Duke”/”Come uomo di colore sei piuttosto ingenuo”. Però quando il sempre tosto ma alquanto appassito cineasta eccede nel perdere il già ingarbugliato filo e si mette a regolare i propri conti in sospeso con la storia del cinema americano passato e attuale facendo le pulci contenutistiche a “Nascita di una nazione” e “Via col vento” o sputando tout court veleno contro l’odiato Tarantino il film si sbriciola lasciando un senso di fastidiosa sconnessione e rabbiosa sgradevolezza.

BLACKKKLANSMAN

USA, POLIZIESCO/COMMEDIA 2018

Regia di Spike Lee. Con: John David Washington, Adam Driver, Topher Grace, Laura Harrier

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