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Pubblicato il 27 Ottobre 2021 | da Admin

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Alla ricerca di Alberto Sordi. Viaggio nel cinema perduto (o quasi) dell’attore romano

a cura di Gianmarco Cilento

Un viaggio nel cinema di Alberto Sordi è, innanzitutto, un viaggio nel cinema italiano. Esistono molte sfaccettature dell’attore romano, e in una filmografia così vasta, strano a dirsi, appare ancora difficile andare alla ricerca di Alberto Sordi senza scivolare in sottovalutazioni o maccheroniche imprecisioni. Sul numero stesso di film girati dall’attore vi sono pareri discordanti. C’è chi afferma 147, altri anche 170 o addirittura 200, cifra quest’ultima che ci appare improbabile.

In questa sede si cercherà di riassettare l’ago della bilancia; i film attualmente reperibili in cui possiamo vedere Sordi come attore sono allo stato attuale 144. In realtà l’intera filmografia dell’attore è composta da 150 film (di cui uno per la televisione, I promessi sposi del 1988). Innanzitutto, ai 144 va aggiunto un cameo tagliato in extremis da Roma (1972) di Federico Fellini, a tutt’oggi reperibile. Inclusi in quasi tutte le filmografie, ma purtroppo andati perduti, sono due film girati durante il periodo della guerra, ovvero Chi l’ha visto? (girato nel 1943 e uscito due anni più tardi) di Goffredo Alessandrini e Circo equestre Za-bum (1944) di Mario Mattoli. La lista sale dunque a 147. Un altro film presente nelle filmografie (e nei ricordi dell’attore) è Scipione l’africano (1936) di Carmine Gallone. Sordi ha sempre narrato di aver figurato nel film come comparsa, nei panni di un soldato romano. C’è chi preferisce escludere dalla filmografia questo film, dato che risulta impossibile distinguere il sedicenne Sordi tra le comparse. Si potrebbe dire, nel sostenere questa tesi, che il ciak in cui l’attore figurava sia stato omesso dal montaggio finale, ma è preferibile mantenere ancora oggi la pellicola nella filmografia anche perché, e non è da sminuire, nel corso della trasmissione televisiva Ieri e oggi del 1976, Mike Bongiorno ricorda a Sordi di averlo visto in una vecchia foto di scena del film, con tanto di cronometro al polso! (questa foto, malgrado le mie ricerche, non è saltata fuori). Mantenendo quindi Scipione l’africano la lista levita a 148. E c’è poi un altro film, la cui presenza di Sordi è confermata da alcune (in realtà labili) fonti d’epoca. Trattasi de I dieci comandamenti (1944), film girato nella Roma occupata dai nazisti, purtroppo andato perduto. Un documento rinvenuto nell’archivio personale dell’attore attesterebbe la certa partecipazione di Sordi sul set. Quindi, non c’è dubbio, la filmografia arriva a 149 pellicole. E l’ultima? In tempi recenti è stata scovata una brevissima apparizione parlata, seppure di pochi secondi, di Sordi nel film Il bravo di Venezia (1941) di Carlo Campogalliani, pellicola mai menzionata nelle precedenti liste, nella quale l’attore recita nei panni di un aiutante del veronese, un personaggio del film, che informa le persone di palazzo che è stata da poco messa una taglia su un bandito. Ecco, quindi, che la filmografia di Alberto Sordi tocca il tetto tondo delle 150 pellicole. Terminata questa precisazione possiamo finalmente immergerci nel fatidico viaggio del cinema scomparso, o meno conosciuto, del mattatore romano.

Come già detto il suo esordio resta Scipione l’africano, film che gode ancora oggi di una certa grazia tecnica. Ma anche nel secondo film interpretato da Alberto la figura del giovanissimo attore non è ravvisabile. Ne Il feroce Saladino di Mario Bonnard, uscito nel 1937, Alberto recita infatti nelle sequenze finali nascosto sotto un buffo costume da leone. Il primo film, quindi il terzo in ordine cronologico, dove il suo volto è ben distinguibile è La principessa Tarakanova (1938) di Mario Soldati e Fedor Ozep. Si tratta ancora di un Sordi quasi comparsa, di particine minuscole e di poco conto, vista anche la giovane età. Una prima svolta arriva nel 1939, quando Carlo Campogalliani (dopo averlo visto recitare in teatro) gli offre un ruolo ne La notte delle beffe. A tal proposito rimane divertentissimo un aneddoto, raccontato dal regista negli anni Settanta. “Sordi doveva dire una battuta, “lepre con piselli”, si trattava di una lepre che era stata impallinata da un cacciatore e portata in osteria a cuocere”. Lui diceva “lepre con piselli”, e lo correggevo perché era un tono curioso che andava bene per un comico ma non in quella scena. Quando ci vediamo con Sordi ancora diciamo “lepre con piselli”[1]. Con Campogalliani l’attore girerà altri due film, Cuori nella tormenta (1940) e il già citato Il bravo di Venezia (1941).

Ma facciamo un piccolo salto temporale e approfondiamo i tre film perduti, Chi l’ha visto?, I dieci comandamenti e Circo equestre Za-bum. Il primo dei tre, diretto da Goffredo Alessandrini, viene girato nel 1943, poco prima del bombardamento su Roma, e distribuito soltanto nel 1945 a guerra finita. Sordi vi avrebbe recitato nei panni di un idraulico, e il film è anche il primo incontro cinematografico tra l’attore romano e Federico Fellini. Gli sceneggiatori (nonché autori del soggetto) sono infatti Fellini e Piero Tellini. Curioso notare come nel suo libro di memorie, curato da Maria Antonietta Schiavina, Sordi non faccia menzione di questo loro primissimo approccio cinematografico. Ma del film oggi non v’è traccia e non abbiamo la fortuna di vedere quali battute il regista riminese possa aver messo in bocca al suo coetaneo attore, in un periodo in cui il futuro autore de La dolce vita e 8 ½ era ancora semplice scriptwriter e gagman. Anche per via degli eventi bellici la realizzazione potrebbe essere stata approssimativa e incerta. Una recensione d’epoca stronca senza mezzi termini la pellicola, recitando: “Prendendo le mosse da un soggetto debole e per nulla originale di Federico Fellini e Piero Tellini (autori anche della sceneggiatura), Goffredo Alessandrini realizza uno dei suoi film peggiori, dimostrandosi del tutto a disagio nell’approccio alla materia narrativa. Una commedia che prova a suscitare ilarità con trovate comiche scarne e ripetitive (lo scambio di persona è un pretesto abusato, ma qui non riesce neppure a far ridere), senza mai avvalersi di un ritmo accattivante. Il nucleo famigliare rappresentato è frutto di una lunga serie di luoghi comuni e tutti risultano stereotipati e mai interessanti. Finale da dimenticare, così come le interpretazioni degli attori”.

Il secondo film, il più misterioso, è I dieci comandamenti, girato da Giorgio Walter Chili. Con La porta del cielo (1945) di Vittorio De Sica ne condivide non solo il tratto religioso, ma anche le circostanze di realizzazione, ovvero la clandestinità delle riprese svolte nell’Urbe assediata dai tedeschi. Pare addirittura che il cast si sia munito di tessere del Vaticano in modo da poter girare indisturbato per le strade di Roma[2]. Il film viene finanziato dalla Produzione Films Religiosi, e vede tra gli altri la partecipazione di Marina Berti, Massimo Girotti e Claudio Gora, nonché la collaborazione alla sceneggiatura di un giovane Pietro Germi non ancora divenuto regista. Esattamente come La porta del cielo, il suddetto film sarebbe uscito nel 1945, a guerra ultimata, riscuotendo un buon successo. Ma evidentemente Chili non era De Sica, e negli anni successive nessuno si sarebbe preso lo scrupolo di custodire la pellicola. La stessa partecipazione di Albertone è in dubbio; il visto censura non fa menzione di Sordi tra gli attori, ma nell’archivio personale dell’attore custodito al Csc alcuni documenti attestano il suo impiego durante le riprese, così come un altro foglietto che inserisce il film tra quelli che avrebbe girato in quegli anni. Ma visto che non tutte le prime pellicole con Sordi lo accreditavano ufficialmente, ci sembra giusto appurare che I dieci comandamenti possa aver contenuto una breve apparizione dell’attore.

Le stesse nefaste circostanze di realizzazione accompagnano l’ultimo dei tre film perduti di Alberto Sordi, ovvero Circo equestre Za-bum di Mattoli. Anche questa pellicola, composta da cinque episodi, è stata girata in clandestinità durante l’occupazione nei primi mesi del 1944. Il cast del film, pieno di attori celebri, da Aldo Fabrizi a Carlo Campanini, da Alida Valli a Carlo Ninchi, accettava tutti gli impegni possibili pur di non trasferirsi a Salò, così come il giovane Sordi. L’attore appare nell’ultimo episodio, intitolato Galop finale al circo, assieme a una foltissima schiera di attori di cinema, varietà e rivista, quel teatro di rivista nel quale lavorava sotto la direzione dello stesso Mattoli in quel periodo. Ma anche in questo caso non possiamo giudicare il film, perché ormai misteriosamente scomparso. Chissà che Sordi in quegli istanti finali del film possa aver riproposto, magari per pochi istanti, qualche numero di quel primo periodo di palcoscenico. E sulla qualità del prodotto anche in questo caso qualche perplessità la solleviamo, per via delle pessime recensioni che accompagnano l’uscita, avvenuta appena un mese dopo la liberazione romana, nel luglio 1944. Tra le altre cose, il film si sarebbe dovuto comporre di sei episodi, ma un sesto, Finalmente soli, è stato eliminato dalla commissione di censura, probabilmente perché audace (come ci suggerisce il titolo d’altronde). Che Sordi possa aver preso parte anche a questo? Probabile, dal momento che gli altri attori del film hanno recitato in più di un episodio.

Ma c’è qualcos’altro di perduto della prima attività cinematografica di Sordi. I suoi primi doppiaggi di Oliver Hardy. La più nota delle voci italiane del popolare Ollio, Albertone ha iniziato a doppiare il comico americano nel 1938, dopo aver inciso un 78 giri, Gli astuti garzoni, in cui interpretava sia Stanlio che Ollio[3]. I primi film del duo comico che l’attore romano avrebbe quindi doppiato, in coppia con Mauro Zambuto, sarebbero Noi e… la gonna (Swiss miss, 1938) e Noi e… la scimmia (The chimp, 1932), nonché il film con il solo Hardy, Zenobia (1939), uscito in Italia nel luglio 1940. Purtroppo, tutti e tre i doppiaggi in questione sono perduti, e dei primi due il doppiaggio italiano reperibile (sempre con le voci di Sordi e Zambuto) e quello rifatto ex novo nel dopoguerra.

Di Sordi quindi, a differenza di Totò, non si è purtroppo conservato tutto. Così come del resto molte altre cose dell’attore si sono parzialmente smarrite (la versione originale integrale di Via Padova 46 [1953], rimasto soltanto nella riedizione accorciata dal titolo Lo scocciatore)[4] o non sono state mai realizzate, come il film su Henry Kissinger dal titolo Il mio amico Henry, che l’attore avrebbe voluto far dirigere a Fellini, un biopic sulla vita privata di Mussolini, o ancora, una trasposizione di Don Chisciotte dove avrebbe dovuto interpretare Sancho Panza, o Il trombettiere del generale Custer, quei tre film sembrano ancora non riemergere da nessun archivio o collezionista privato.

Un altro mistero rischia di infittire ancor di più le certezze che abbiamo sulla filmografia di Alberto Sordi. Abbiamo stabilito che, come attore, abbia interpretato 150 film. Mentre da regista, ufficialmente, ne avrebbe girati 18. Eppure, nel 1999, durante un incontro a Salerno, Sordi confiderà al compositore Mimmo di Francia di averne girati addirittura 25[5]. Dichiarazione lampante, che dovrebbe portarci ad aprire un’indagine. Il primo film che potremmo aggiungere è Il diavolo (1962) di Gian Luigi Polidoro, che Sordi ha ammesso di aver girato sottobanco, in forma non ufficiale. L’elenco salirebbe dunque a 19. E gli altri sei quali sarebbero? Una sfida difficilissima, visti i pochissimi indizi che ci riconducono a una regia “nascosta” dell’attore in altri film. Al massimo potremmo includere qualche film molto noto degli anni Settanta e Ottanta, dove Sordi potrebbe aver diretto qualche breve sequenza, o influenzato di parecchio le scelte di regia. Certo, l’impronta sordiana non manca in tanti film anche precedenti, e in quei casi è lecito affermare che la regia possa anche essere stata, in parte, sua. Come il suo debutto da protagonista, Mamma mia, che impressione! (1951) di Roberto Savarese, che nei ricordi di Gian Gaspare Napolitano, è a tutti gli effetti una creatura di Sordi[6]. E si andrebbe a 20.

D’altro canto, Sordi potrebbe aver incluso alcuni progetti iniziati e lasciati in sospeso, dei quali aveva comunque girato qualche sequenza, come l’incompiuto Un italiano in Brasile. Ben 109 minuti di girato sono sopravvissuti al giorno d’oggi di quella pellicola ambientata tra le favelas e il carnevale di Rio. Prendendo in considerazione anche questa, la lista salirebbe a 21 film. Al massimo ci si potrebbe aggiungere la serie Storia di un italiano e si arriverebbe a 22. Il 25 si potrebbe ottenere se ognuna delle quattro stagioni della serie venissero considerate un film a sé stante. Una soluzione logica, ma comunque non assolutamente certa. Chi non dovesse essere d’accordo con tale ricostruzione potrebbe battere un’altra pista, ovvero quella di scandagliare ancora una volta tra le testimonianze di tutti i colleghi di lavoro dei suoi film. Anche una breve dichiarazione di un componente del cast tecnico che afferma “Sordi girò qualche scena” potrebbe svelarci il mistero. La sfortuna è che molti dei personaggi in questione non sono più in vita e, a meno di trovare qualche indizio già raccolto da altri, il mistero dei restanti film diretti da Sordi resterà insoluto.

Vale la pena di chiudere la panoramica sul Sordi perduto e sconosciuto con un’altra gustosa chicca. Un’altra opera mai realizzata della carriera di Sordi avrebbe avuto come titolo Un re a Roma, la cui stesura, iniziata nel 1953[7], si sarebbe protratta sino al 1958 e vagamente somigliante al lungometraggio di Charlie Chaplin Un re a New York. Forse per rispetto nei confronti del grande comico e regista inglese, il film non si girerà mai. Tuttavia, alcuni anni dopo, Sordi avrà modo di conoscere un Chaplin ormai anziano, come del resto testimonia Paola Comin, la sua ultima agente. “Mi raccontava che lo conobbe in Svizzera, nella villa dell’attore inglese a Vevey. Ricordava che era un uomo ormai anziano, ma curioso, che a Sordi rivolgeva tante domande”[8].

Chissà che durante quel magico incontro svizzero Sordi possa avergli accennato di Un re a Roma. Visto il carattere espansivo e intransigente del mattatore romano, tutto è possibile. E quello che l’ormai anziano Sordi ha raccontato alla Comin non deve essere certo stato il suo unico incontro con il regista inglese. Immortalato da una foto, nel corso di un’occasione pubblica a Milano nel 1972, Chaplin avrebbe incontrato sia Sordi che Nino Manfredi. Un incontro epocale, di certo non meno importante di quello con Laurel & Hardy a Roma nel 1950, o con i Beatles a Londra negli anni Sessanta. Esaltanti frammenti di una vita artistica irripetibile che ci invogliano ancora una volta ad andare alla ricerca di Alberto Sordi.

 

[1]Francesco Savio “Cinecittà anni trenta” Bulzoni, Roma, 1979 (nuova ed. 2021, a cura di Adriano Aprà)
[2]Come annotato da Enrico Lancia e Roberto Chiti nel “Dizionario del cinema italiano – I film, vol. I, dal 1930 al 1944” Gremese, Roma, 2005
[3]Per un maggiore approfondimento rimando a Alberto Anile (a cura di) “Sordi segreto” Edizioni Sabinae/Centro Sperimentale di Cinematografia, Roma, 2018
[4]La versione in questione, anch’essa considerata perduta fino al 2003, è stata pubblicata in DVD dalla Ripley’s Home Video
[5]Mimmo di Francia, intervista dello scrivente
[6]Alberto Anile (a cura di) “Sordi segreto”, cit.
[7]Tatti Sanguineti “Il cervello di Alberto Sordi. Rodolfo Sonego e il suo cinema”, Adelphi, Milano, 2015
[8]Paola Comin, intervista dello scrivente
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