Recensioni

Pubblicato il 3 Maggio 2018 | da Valerio Caprara

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Loro 2

Loro 2 Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Continua la ricostruzione visionaria della personalità di Berlusconi, colto in una contingenza drammatica della sua carriera politica. Un duro confronto con la moglie Veronica sembra dare ragione alle violente campagne dei media nemici, ma presto, mentre incombe la tragedia nazionale del terremoto dell'Aquila, il protagonista si divincola immergendosi nuovamente nella propria multiforme, insondabile, inestinguibile ossessione di potere e di vita.

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Bisogna ringraziare i film di Sorrentino perché ogni volta risvegliano gli ardori non solo di tanti spettatori sonnacchiosi, ma anche delle persone che al cinema non ci vanno mai e di Bigelow o Nolan non sanno dire se siano musicisti o calciatori. Qualcuno potrà certo maledire gli zeli modaioli, ma a noi diverte, invece, il fatto che il conoscente inaspettato o il vicino di autobus s’improvvisino cinéfili; anche se poi taliesternazioni servono a poco perché il giudizio è quasi sempre espresso negli estremi anchilosati di ottimo o pessimo. Finendo, così, per fare contento il maestro sempre più convinto del paradosso preferito, ossia che hanno tutti ragione e la sfumatura è l’unica discriminante che conta e gli interessa (“Pas la Couleur. Rienque de la nuance!”, Paul Verlaine).

Dove eravamo rimasti? “Loro 1” si era concluso con l’epifania di Concato che sbuca sul prato del villone sardegnolo intonando la canzone del cuore della coppia scoppiata Silvio & Veronica: smarcatosi con uno dei suoi tipici dribbling autoriali dall’overdose di baccanali, il regista riusciva, così, a prendere ancora una volta in contropiede il controllo ideologico della storia e la leggenda del Grande Seduttore. Il secondo capitolo aumenta la pressione politica, dando a lungo l’impressione di volere correggere il tiro e dare un po’ di soddisfazione all’antiberlusconismo militante disorientato dal carnevale no-stop di sesso, droga e zingarate: prima allestendo lo show virtuosistico di Servillo/Silvio che, dopo avere dialogato con il proprio doppio, s’esibisce nel ruolo primigenio del venditore irresistibile, il rateizzatore dei sogni del minimo comun risparmiatore, il mini Citizen Kane di Milano 2; poi tornando a concedere allo stesso il ruolo del cantante piacione, l’intrattenitore irresistibileche ammalia la fauna dei plauditores pronti peraltro a trasformarsi in sicofanti o traditori, metaforici serpenti danteschi che a un certo punto costringono il segretario tuttofare Paolo a decapitarne uno vero strisciante in primo piano.

Ma via via che il film procede il piglio nuovamente svaria, si stempera, si sfrangia e Sorrentino torna a fare capolino appena può da un angolino dell’inquadratura per strizzare l’occhio allo spettatore e fare boccacce ai recensori: per fare solo un esempio, il languidotrasporto per la Napoli canzonettistica e ruffiana provato dal Berlusca trasmutato in Old Pope non può che evocare dalle nostre parti la nota e non meno retorica solfa della città ribelle nel segno dell’”ammore”. Quando poi riprendono le feste più scatenate che eleganti in Costa Smeralda, alternate alle sfolgoranti coreografie kitsch sulle note di “Meno male che Silvio c’è”, al Cavaliere tocca organizzare il contrattacco contro le requisitorie in stile grillino-giustizialista che la sceneggiatura di Contarello mette in bocca alla vigorosa performance di Elena Sofia Ricci/Veronica. I risultati, come piace a Sorrentino, ma certo non a tutti i suoi spettatori, saranno volutamente contraddittori: sul piano storico la sinistra non riesce mai a “metterlo a fuoco”, ma la nascita delle sue fortune resta avvolta nel mistero; la virginale escort che dovrebbe concederglisi lo smonta con un pragmatismo scevro di moralistica acredine (“Io ho 20 anni e lei 70, è patetico quando fa il giovane. Lei è triste e con la tristezza non si costruisce niente, neanche una scopata”); i veri o falsi scoop che lo perseguitano sembrano generati dagli stereotipi epidermici eppure allegri e accattivanti della commedia erotica all’italiana. Sino ad arrivare al finalissimo debitamente enigmatico: la quadratura del cerchio del resto, non è prevista in nessun caso dal metodosorrentiniano tutto fondato sul tentativo di smascheramento del falso ordine in cui il mondo si dispone ai nostri occhi e la presa d’atto di un’ormai integrale desacralizzazione dei rapporti societari. Prendere o lasciare. La fotografia magnifica, i movimenti di macchina più eloquenti del dialogo, la performance di Servillo che con la propria bravura esorcizza la caricatura contano sino a un certo punto. Tanto, come ribadiscono il lungo e accorato colloquio con Pagliai/Mike Bongiorno, l’apologo della dentiera fatta trovare alla vecchina terremotata dell’Aquila e il recupero del Cristo ligneo dalle macerie, il film si rifiuta di fornire altre chiavi d’accesso oltre a quella apertamente rivendicata della tenerezza rivoluzionaria. Ecce Homo.

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