Recensioni

Pubblicato il 31 Dicembre 2016 | da Valerio Caprara

1

Il GGG – Il grande gigante gentile

Il GGG – Il grande gigante gentile Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia ed effetti speciali
interpretazioni
emozioni

Sommario: Trasposizione tecnicamente accurata, ma emotivamente melensa del bestseller di Dahl sull'amicizia tra un mostro gentile e un'intrepida orfanella.

1.8


Diventato da tempo uno dei più celebri e potenti registi per adulti, Spielberg forse ha perso la capacità di conquistare il cuore dei ragazzi? E a quali fasce di pubblico si rivolge in sostanza quest’ultima fantasmagoria fantasy, peraltro già un flop memorabile negli Usa? Sta di fatto che “Il GGG – Il Grande Gigante Gentile”, trasposizione del bestseller di Roald Dahl che la sua storica produttrice Melissa Mathison aveva comprato e sceneggiato prima di morire l’anno scorso, costituisce una secca e cocente delusione per gli adepti spielberghiani della prima ora. Dopo avere girato un autentico capolavoro come la spy story “Il ponte delle spie”, infatti, il re Mida di Hollywood sembra stavolta annaspare sulla scia di un testo già di per sé traballante subendone a più riprese l’overdose zuccherina: non alludiamo, però, ai temi ricorrenti nell’opera omnia, che ci sono quasi tutti (l’infanzia perduta, la confidenza con i diversi, gli universi paralleli visibili solo ai puri di cuore ecc.); quanto alle tipiche e provvidenziali ingerenze creative che qui sembrano, ahinoi, pressoché azzerate. La prima pecca della variazione sul tema (inarrivabile) di “E.T.” e quello assai più modesto di “La storia infinita” sta proprio nella figura del “mostro” eponimo; il GGG, appunto, impegnato ogni notte a catturare i sogni vaganti nella natura in libertà, rinchiuderli in appositi barattoli e immetterli nei bambini addormentati. Visto per caso da Sophie, occasionale fuggiasca da un orfanatrofio londinese, prende la piccola con sé e la trasporta nel nordico Paese dei Giganti dove, peraltro, i sette metri d’altezza, il modo d’esprimersi alla Mary Poppins e i gusti, per così dire, vegetariani lo differenziano molto dai consimili…

Annotato che quest’ultimi -alti il doppio, doverosamente orrendi e rigorosamente cannibali- risultano più incisivi del protagonista in campo lungo e in primo piano, si scopre, mentre gli effetti speciali in digitale si susseguono senza sosta e le luci di Kaminski si adattano sia al realismo della Londra dickensiana sia alle prodezze della tecnica di “performing capture”, quanto manchi un ingrediente decisivo, un senso vero di minaccia, una tensione, una suspense alternativi all’effetto-ronron che mano a mano si diffonde in sala come se gli spettatori si trovassero davanti al caminetto, sulla sedia a dondolo e con una coperta ripiegata sulle gambe. Un po’ troppo tardi il film tenta di riprendersi inserendo contrappunti burleschi da prototipi del cinema muto, come quelli che si colgono a Buckingham Palace dove il GGG viene trattato come Gulliver a Lilliput e un breakfast si trasforma in orgia pantagruelica. Ma quando Spielberg sente finalmente l’esigenza di darsi una mossa e di allestire la battaglia contro i giganti cattivi, più di un dubbio si è fatto strada negli spettatori e/o accompagnatori over 15: troppo vecchi per identificarsi in Sophie? Non abbastanza strambi per familiarizzare con il GGG? Poco innocenti per godere della magia fiabesca?

Il GGG – Il grande gigante gentile

Regia: Steven Spielberg

Con: Mark Ryalance, Ruby Barnhill, Penelope Wilton, Jemaine Clement

Fantasy – Gran Bretagna/Usa 2016

Il GGG – Il grande gigante gentile

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