Recensioni

Pubblicato il 21 Febbraio 2010 | da Valerio Caprara

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Amabili resti

Amabili resti Valerio Caprara
Emozione
Qualità
Scrittura
Recitazione

Sommario: Film ricco di molti pregi e qualche forte difetto.

3


«Amabili resti» pone un compito ostico al critico, perché si sa che i lettori prediligono il referto secco, sì o no, bianco o nero, cinque stellette o zero. E invece il film che Peter Jackson ha tratto dal suggestivo bestseller dell’americana classe 1963 Alice Sebold (edizione italiana e/o) si rivela ricco di molti pregi e qualche forte difetto, alternando soprattutto nella seconda parte le idee stupende agli impacci, i picchi thrilling ai ghirigori psicologici, gli scatti di fantasia ai compiacimenti kitsch. La chiave del racconto sta nella voce fuori campo della protagonista, l’adolescente Susie (Saoirse Ronan) che sin dal prologo rievoca – come faceva William Holden nel classico «Viale del tramonto» di Wilder- i fatti che ne hanno spezzato crudelmente la vita: il connesso effetto straniante, ottenuto nel libro con i mezzi propri della scrittura, permette così a Jackson di lavorare sulle corde a lui congeniali della continua interazione tra realismo e fantastico.

Lungo tutto il movimento iniziale è, per esempio, perfetto il contrasto tra i passaggi tipici del giallo – con l’apparizione del serial killer vicino di casa, il misfatto, le indagini, le reazioni dei poveri genitori e della sconsolata sorella – e il punto di vista di Susie, condannata a muoversi in una sorta di terra di mezzo (con inevitabile riferimento al capodopera del regista, «Il Signore degli Anelli) finché il dolore che ha incolpevolmente prodotto non sia rielaborato dalla comunità e dai parenti. E’ assolutamente struggente, infatti, cogliere lo sguardo di Susie, non rancoroso bensì adamantino e fiabesco come quello dei suoi coetanei, come riflesso nel segreto, enigmatico spazio che separa, qualche volta d’un soffio, la pena dei viventi dalla presenza dei defunti: grazie anche alle grandiose interpretazioni dell’autodidatta Ronan («Espiazione») dagli occhi cangianti e del versatile Stanley Tucci trasformatosi per l’occasione in uno dei più inquietanti maniaci assassini della storia del cinema. Meno emozionanti appaiono in questo quadro il padre Mark Wahlberg, la madre Rachel Weisz e soprattutto la nonna Susan Sarandon, alla quale nonostante il carisma è stata affibbiata una parte decorativa.

In fondo «Amabili resti» può intendersi come film sulla speranza laica del Paradiso, di una vita ultraterrena che riscatti non solo le malefatte, ma anche le autocommiserazioni e le depressioni esercitate in vita. Il limbo da cui la protagonista interviene sui fatti è ricostruito sullo schermo con grande sfoggio di tecnica digitale, ma alla lunga, come premesso, rischia di prendere la mano e risolversi in uno show tardo-psichedelico o neo-pop art alquanto stucchevole: un meccanismo che disinnesca qua e là la suspense e ha poi bisogno di un brutto sottofinale e un lieto fine inventato. Tornando al lettore, dovrà accontentarsi di sapere che il film è di classe e solo il suo gusto gli consentirà d’appendere le relative stellette.

AMABILI RESTI

REGIA: PETER JACKSON

CON: SAOIRSE RONAN, MARK WAHLBERG, STANLEY TUCCI.

DRAMMATICO – USA/GB/NUOVA ZELANDA 2009

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